Ovviamente il nome Cinque Terre significa 5 Paesi arroccati sulle falesie a picco su questo tratto di Mar Ligure: Riomaggiore, Manarola, Corniglia, Vernazza e Monterosso che si estende per circa 12 km.
Sono pochi però, quelli che sanno che per le prime tracce scritte di questo nome risalgono addirittura alla metà del quindicesimo secolo, in un documento a firma di Jacopo Bracelli, ispettore della Repubblica Marinara di Genova.
“La riviera ligure orientale delle Cinque Terre è un paesaggio culturale di valore eccezionale che rappresenta l’armoniosa interazione stabilitasi tra l’uomo e la natura per realizzare un paesaggio di qualità eccezionale, che manifesta un modo di vita tradizionale millenario e che continua a giocare un ruolo socioeconomico di primo piano nella vita della società”.
Con questa motivazione l’UNESCO, nella seduta del 5 dicembre del 1997 iscrisse le Cinque Terre con Porto Venere e le Isole Palmaria, Tino e Tinetto nel “World Heritage List”, avviando in tal modo il recupero e focalizzando l’attenzione di questo paesaggio che, modificato dall’uomo nel suo ambiente naturale, attraversava forse il suo periodo di massimo degrado paesaggistico malgrado tale zona fosse già tutelata come Parco Regionale dal 1995.
Da allora, è stato istituito il Parco Nazionale (ottobre 1999) che ne ha reso, con i suoi 4.226 ettari, il parco nazionale più piccolo del Paese e allo stesso tempo il più densamente popolato, con circa 5.000 abitanti suddivisi nei cinque famosissimi borghi: Riomaggiore, Manarola, Corniglia, Vernazza e Monterosso al Mare.
Caratteristica di questo paesaggio, oltre alle case abbarbicate sulla roccia, è stata la continua trasformazione operata per secoli, avviata intorno all’anno mille, da parte degli abitanti che hanno sezionato gli scoscesi ed impervi pendii delle colline che scendono a precipizio verso il mare, per ricavarne esili strisce pianeggianti di terra coltivabile: i ciàn.
L’area terrazzata nel corso dei secoli ha raggiunto la superficie massima di circa 20 Km quadrati ed ha interessato una fascia costiera fino all’altezza di 450-500 metri sul livello del mare, partendo a volte da pochi metri dalla riva, sviluppandosi per una lunghezza pari a 30.000 km.
Un lavoro difficile e faticoso poiché i muretti sono costruiti con il materiale di risulta del campo o appositamente cavato lungo le scarpate e gli alvei dei torrenti. Composti di arenarie, i muri sono edificati a secco con sapiente maestria, scegliendo le pietre di maggiore dimensione da apporre al piede del muro, previa la formazione delle fondazioni e costituiscono opere di elevata qualità tecnica, con drenaggi accurati e soluzioni strutturali atte a sfruttare ogni possibile superficie lungo le falesie o i corsi d’acqua. Tra i ciàn sono edificate, sempre in pietra, lunghe ed a volte ripide scale di collegamento.
Coltivati per la maggior parte a vite, hanno sempre fornito uve che hanno dato vita al vino delle Cinque Terre: il famoso “Sciacchetrà” e il bianco secco DOC, vini citati perfino per la loro bontà nelle opere del Petrarca, Boccaccio e D’Annunzio.
Negli anni il Parco Nazionale ha saputo avviare un importante recupero delle terre incolte, avviando anche una serie di produzioni di qualità che hanno interessato il basilico e i limoni, attività oggi portate avanti da moltissimi privati che sono tornati alla coltivazione.